La vicenda dei probabili interpelli a pagamento, paradossalmente, e per quanto non apprezzabile, potrebbe spingerci a considerare anche conveniente la novità, purché la risposta pervenga.

È il caso di un interpello presentato il 19 settembre 2021 redatto per un’azienda agricola nostra cliente che avrebbe dovuto effettuare importanti investimenti invocando il credito d’imposta per gli investimenti nel Mezzogiorno in cumulo con il credito d’imposta per la “Transizione 4.0”.

A distanza di quasi otto anni dalla introduzione credito d’imposta per gli investimenti nel Mezzogiorno, ancora oggi non si registrano chiarimenti in relazione al secondo periodo dell’articolo 1, comma 98, della legge n. 208/2015 in virtù del quale sono ammessi al beneficio i comparti agricoli, della pesca e dell’acquacoltura, ma nel rispetto della normativa europea «in materia di aiuti di Stato» nei relativi settori.

Il credito d’imposta per gli investimenti nel Mezzogiorno è fruibile in agricoltura a patto che l’attività agricola esercitata dia luogo alla produzione di un reddito d’impresa come definito dall’articolo 55 del TUIR. A tal fine, tuttavia, occorre comprendere come si debba determinare l’intensità degli aiuti che, in virtù del comma 98 dell’articolo 1 della legge n. 208/2015 «sono concessi nei limiti e alle condizioni previsti dalla normativa europea in materia di aiuti di Stato nei settori agricolo, forestale e delle zone rurali e ittico». In altri termini, si deve individuare il regolamento Ue in materia di aiuti di Stato applicabile da cui attingere la corretta entità dell’incentivo che, ancora oggi, è ufficialmente ignota.

Per la nostra azienda cliente, sull’argomento, l’interpello è stato presentato alla Direzione Regionale della Puglia dell’Agenzia delle entrate. All’istanza avrebbe dovuto seguire risposte nel termine di 90 giorni che sarebbe caduto nel dicembre 2021. Non essendoci alcun chiarimento sulla questione, la Direzione Regionale, come da prassi, ha dovuto trasmettere l’interpello a Roma, alla Divisione Contribuenti, dalla quale entro dicembre 2021 ci aspettavamo una risposta. Ed ecco che, proprio a ridosso del termine, giunge la risposta della Divisione Contribuenti. Ma, con profondo stupore, leggiamo quanto riportiamo di seguito: «in relazione al quesito posto in istanza, trattandosi l’interpellante di un’impresa agricola, la scrivente, con nota prot. RU n. 360513/2021, ha richiesto apposito parere al competente Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, il quale, a tutt’oggi, non si è pronunciato».

Ma, come se non bastasse, in netto contrasto con quello che prevede l’articolo 11, comma 3, dello Statuto del Contribuente, legge n. 212/2000, si legge: «Appena il predetto parere dovesse pervenire, sarà comunicato a codesta impresa, senza che si determini, decorso il termine previsto per la risposta all’interpello (nel caso di specie, 90 giorni dalla ricezione dell’istanza di interpello), “silenzio-assenso” rispetto alla soluzione proposta dall’interpellante in merito al quesito contenuto nell’istanza».

Con istanza di accesso agli atti, chiedevamo per la società assistita la nota prot. RU n. 360513/2021 che ci perveniva agli inizi di gennaio 2021. L’Agenzia delle entrate chiedeva al MIPAAF se deve prendersi in considerazione il regolamento (Ue) n. 1407/2013 ovvero il n. 1408/2013. In verità, e questo l’Amministrazione finanziaria dovrebbe saperlo senza chiedere al MIPAAF, non va preso a riferimento né l’uno né l’altro. Ciò in quanto il credito d’imposta per gli investimenti nel Mezzogiorno rappresenta un aiuto di Stato e non un aiuto «de minimis» cui, invece, si riferiscono i due regolamenti citati nella nota indirizzata al MIPAAF.

Morale della favola, a marzo 2023 l’interpello non ha ancora trovato risposta e l’azienda non ha più sostenuto gli investimenti con le ricadute in termini di crescita che ne sono conseguite!

Qualora il diritto di interpello fosse già stato subordinato al pagamento, la società contribuente avrebbe ricevuto risposta?

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