L’attività di liquidazione, controllo, accertamento e riscossione dei comuni per i tributi di propria competenza, oltre ad essere soggetta al termine di decadenza di cui all’articolo 1, comma 161, della legge n. 296/2006, «è anche soggetta al termine di prescrizione quinquennale». Lo ha affermato in modo esplicito, finalmente, la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 33681 depositata il 16 novembre 2022.

L’augurio è che le Corti di Giustizia Tributaria di primo e secondo grado vogliano recepirlo al più presto uniformando il proprio orientamento, finora non univoco, alla statuizione della Suprema Corte.

La questione è importante poiché gli istituti di prescrizione e decadenza hanno riflessi sostanziali sul cosiddetto «principio di scissione soggettiva degli effetti della notificazione». Con l’ordinanza di novembre, infatti, i giudici di legittimità hanno stabilito che «va quindi rimarcato il principio per cui ai fini della tempestività della interruzione del decorso del termine di prescrizione occorre che l’atto interruttivo pervenga entro il termine alla conoscenza del debitore».

Invece, come più di recente confermato dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 40543 del 17 dicembre 2021, in materia di notificazione degli atti di imposizione tributaria e agli effetti di questa sull’osservanza dei termini di decadenza dal potere impositivo, il principio della scissione soggettiva degli effetti della notificazione, sancito per gli atti processuali dalla giurisprudenza costituzionale, e per gli atti tributari dall’articolo 60 del D.P.R. n. 600/1973, trova sempre applicazione, a ciò non ostando né la peculiare natura recettizia di tali atti né la qualità del soggetto deputato alla loro notificazione. Ne consegue che, per il rispetto del termine di decadenza cui è assoggettato il potere impositivo, assume rilevanza la data nella quale l’ente ha posto in essere gli adempimenti necessari ai fini della notifica dell’atto e non quello, eventualmente successivo, di conoscenza dello stesso da parte del contribuente.

Pertanto, in caso di spedizione postale di un avviso di accertamento tributario, al fine di garantire il rispetto del termine di decadenza, è sufficiente che entro il suddetto termine l’ente impositore abbia affidato al servizio postale la spedizione a nulla rilevando la data di consegna del plico raccomandato al contribuente, quand’anche successiva. Questa seconda data, infatti, rappresenta soltanto il dies a quo per la scadenza del pagamento o della eventuale impugnazione da parte del contribuente.

Tale principio trova il suo fondamento nella tutela del diritto di difesa e nel principio di ragionevolezza. L’esercizio del diritto da parte dell’ente impositore, alla luce di tali due elementi, non può essere
pregiudicato senza una valida ragione, nell’ottica di un equo bilanciamento d’interessi tra chi esercita un diritto e chi ne subisce l’esercizio. In particolare, il principio di ragionevolezza esclude che il lasso temporale tra la richiesta di notifica e la notifica al contribuente possa ripercuotersi in danno del notificante, a cui si richiede solo che l’attività a proprio carico sia stata compiuta nel termine di legge.

Risulta confermato dai giudici di legittimità con l’ordinanza n. 33681 dello scorso 16 novembre che il principio di scissione soggettiva della notificazione non è però estendibile all’istituto della prescrizione di cui all’articolo 2934 del Codice Civile in virtù del cui secondo comma non sono soggetti a prescrizione i diritti espressamente indicati dalla legge, tra i quali, non figurano i diritti per crediti erariali.

Il termine di prescrizione del credito erariale, secondo l’articolo 2948 n. 4) del codice civile, è quinquennale in quanto attiene a «ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi».

Il principio rimarcato nell’ordinanza del 16 novembre è conforme a quanto statuito dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 477 del 2002, con la quale ha chiarito che il principio generale secondo cui la notifica di un atto processuale si intende perfezionata, dal lato del richiedente, al momento dell’affidamento dell’atto all’ufficiale giudiziario, non si estende all’ipotesi di estinzione del diritto per prescrizione, in quanto, perché l’atto produca l’effetto interruttivo del termine, è necessario che lo stesso sia giunto alla conoscenza legale, non necessariamente effettiva, del destinatario. Le Sezioni Unite, con la sentenza n. 24822 del 2015, hanno poi affermato che la regola della scissione degli effetti della notificazione per il notificante e per il destinatario, sancita dalla giurisprudenza costituzionale con riguardo agli atti processuali e non a quelli sostanziali, si estende anche agli effetti sostanziali dei primi ove il diritto non possa farsi valere se non con un atto processuale. In ogni altra ipotesi, come per l’avviso di accertamento tributario che è atto sostanziale e recettizio, e non rappresenta atto processuale, tale effetto si produce solo nel momento in cui l’atto perviene all’indirizzo del destinatario.

In virtù dell’articolo 2935 del Codice Civile, la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere. Tuttavia la giurisprudenza tributaria è concorde nel far decorrere il termine dal 1° gennaio dell’anno successivo a quello in cui la dichiarazione o il versamento sono stati o avrebbero dovuto essere effettuati (Cass. n. 10067/2014).

L’intervenuta prescrizione relativa al potere accertativo dell’ente territoriale deve essere eccepita dinanzi al giudice tributario, come d’altronde la decadenza. È opportuno monitorare, pertanto, il rispetto di entrambi i termini. Si rammenta, al riguardo, che l’articolo 67 del D.L. n. 18 del 17 marzo 2020 ha disposto la sospensione dei termini delle attività di liquidazione, di controllo, di accertamento e di riscossione per ottantacinque giorni. La risoluzione n. 6/DF del 15 giugno 2020 del Dipartimento delle Finanze ha avuto modo di evidenziare che la norma riguarda la sospensione dei termini di prescrizione e decadenza. Tale termine pertanto, sino alle violazioni commesse nel 2019, non cade il 31 dicembre del quinto anno successivo, ma il 26 marzo del sesto anno successivo.

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